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Aisha Pervez

Pakistan > Bolzano

Mediatrice interculturale

Intervista integrale

Mi chiamo Aisha, sono in Italia nel 2005. Sono una mamma di tre bambini, la mia grande ha 13 anni e fa la scuola media, la seconda fa la scuola elementare in quarta classe, mentre l’ultimo è al secondo anno delle elementari. Sono arrivata in Italia che avevo circa 22 anni, avevo studiato al college in Pakistan. La mia più grande passione è la lettura, quando ho tempo leggo, mi piace moltissimo. Mi piace leggere romanzi e anche libri con soggetti sociali, imparo molte cose dai libri, anche dai romanzi. Alle volte leggo romanzi di donne anche se come ho detto mi piacciono anche le storie con soggetti sociali che evidenziano e raccontano dei rapporti tra moglie e marito, del potere tra loro, della violenza, ma anche della complessità del mondo. Nella vita lavoro come mediatrice, dal 2008, mi piace perché sono a cavallo di due culture, di due tradizioni, di mondi diversi, cerco di far comprendere all’uno le tradizioni dell’altro e viceversa. In questo momento sto anche facendo un lavoro di servizio sociale con Caritas. Non ho una grande passione per la cucina mentre mi piacerebbe molto viaggiare, cosa che faccio quando è possibile. Del Pakistan mi manca la mia terra, le tradizioni, la gente. Quando torno, lo faccio circa ogni due anni, vedo però anche come le cose cambiano, però è bellissimo ritrovare le persone a cui sono legata, c’è questo amore che sento ed è bellissimo. Dell’Italia la cosa che mi è piaciuta di più è la libertà, la libertà e il poter essere indipendenti, la libertà di parola ad esempio, una libertà che non avevo in Pakistan. In Pakistan non ho mai fatto la spesa, per qualsiasi cosa ti serve un permesso, non c’è la libertà che invece trovi qui, le donne diciamo non sono libere e cioè non possono decidere in casa e neppure quale scuola possono frequentare. Dell’Italia mi è piaciuto molto anche il rispetto, il rispetto degli spazi, della privacy, le persone ti rispettano e ti ascoltano con pazienza, che è diverso da quello a cui ero abituata. Come ti dicevo la cosa che mi piace fare maggiormente è leggere, leggo sul telefonino per la maggior parte in quanto non è facile trovare dei libri in urdu, la mia lingua madre. Di letture non ne ho mai abbastanza, mi piace immergermi nelle storie. C’è un libro ad esempio che racconta la storia d’amore tra un ragazzo musulmano e una ragazza cristiana che poi si converte all’Islam, poi delle loro difficoltà, poi della separazione, tutti questi passaggi sono anche passaggi dei protagonisti che durante la storia scoprono parti di sé che prima non conoscevano.

Cecilia Bautista

Città del Messico > Bolzano

Studentessa, artista, designer

Intervista integrale

Mi chiamo Anna Cecilia vengo da Città del Messico, frequento il terzo anno della facoltà di design. Ho deciso di venire qui soprattutto per le lingue perché mi piaceva molto che fosse università trilingue. Per me è stato molto interessante vedere che all’inizio me la cavavo benissimo in tedesco perché non sapevo l’italiano, però qua tutti parlavano in tedesco quindi per me quello è stato un sollievo. Una delle mie passioni è il disegno, in particolare dei fumetti. Ho iniziato a disegnare fin da piccola, stavamo molto con i miei nonni, allora non avevamo il cellulare e loro spesso ci mettevano a fare disegni. A scuola, mi sono accorta che ero brava perché i miei compagni lodavano quello che facevo. Mi piace l’illustrazione e l’animazione, il design più grafico rispetto a quello di prodotto. Ho deciso di studiare design anche perché non ero sicura che facendo arte avrei potuto imparare tutti questi programmi o tecniche sul computer. Questa mia passione non so dove l’ho appresa, mio padre anche se fa un lavoro molto diverso è appassionato di musica e mia madre ha una passione per l’arte, i musei e la letteratura quindi grazie a loro due da bambina credo sono stata molto stimolata. Se potessi realizzare un sogno mi piacerebbe fare un musical, tipo I miserabili, sarebbe un sogno anche se poi ho indirizzato i miei studi in un campo diverso, che mi piace molto. Mi piacerebbe anche molto fare le traduzioni, letterarie, anche le lingue mi piacciono molto. Quello che mi manca di più del mio paese sono le persone, i miei nonni, genitori, il mio cane, mi manca tutto. Quello che amo di Bolzano è questo verde, non devi andare lontano, hai un parco, una montagna, un lago, tutto vicino, da noi devi andare per ore in auto prima di uscire dalla città e trovare delle montagne.

Lisbeth Mosquera

Colombia > Bolzano

Sarta

Intervista integrale

Mi chiamo Lisbeth, sono nata in Colombia, ci sono due cose che mi piacciono molto nella vita: la musica e il cucito. Quando sono triste canto, quando sono allegra canto, per me il canto e anche il cucito sono come una terapia. A casa nostra c’era questo talento. Io suono, suono la chitarra anche se non ho fatto una scuola musicale, ho imparato da mia mamma e su youtube. A quattordici anni ho iniziato a lavorare. Ho iniziato ad aiutare mia mamma a cucire, lei cuciva in casa, un tipo di cucito che chiamiamo industriale. Ho iniziato, seduta vicino a mamma per guardare come lavorava, questa cosa mi piaceva, e quindi ho iniziato dicendo a mamma: “dimmi come si fa questa camicia, come si fa questo collo…” e ho iniziato a tagliare delle cose e poi pian pianino imparare. Sono molto legata a mia mamma anche per questo, perché mi teneva sempre vicino a lei e così è stato con tutto, con la musica e con il cucito, è sempre stata lei a insegnarmi.A casa nostra non cucivamo solo io e mia mamma, ma avevamo le macchine per insegnare a cucire, da noi venivano per imparare, noi non facevamo pagare il corso, pagavamo le persone, magari un po’ meno ma le pagavamo così che potessero pagarsi almeno il costo del trasporto. Da noi sono oltre trecento le persone che hanno imparato a cucire. In Colombia poi è arrivato un periodo difficile, in quanto non c’era più così tanto lavoro per cucire, molti prodotti venivano importati, dalla Cina e da altri paesi, c’è stata una crisi del tessile e quindi della produzione, in quel momento ho deciso di venire in Italia. Il cucito mi è servito molto quando sono arrivata in Italia, i primi sei mesi che non avevo i documenti non potevo lavorare, non avevo soldi, così ho preso delle stoffe, e ho fatto vestiti, le amiche che li vedevano dicevano “bello questo vestito”, allora io dicevo “se vuoi lo vendo”, così ho guadagnato qualcosa che mi ha permesso di vivere in quei mesi. Appena ho avuto il permesso di soggiorno subito ho trovato lavoro all’ospedale. Il lavoro in ospedale con Markas mi è piaciuto molto perché mi offerto un’opportunità, quando tu hai un lavoro in Italia è molto importante nel senso che hai diritti, ti sei guadagnando i tuoi diritti, questa è la cosa più importante del lavoro che hai diritti perché tu paghi le tasse, hai diritti perché fai qualcosa e non sei mantenuto dal governo, sei una persona che è apporta al paese qualcosa.

Nawar Hamed

Siria > Bolzano

Pasticcera

Intervista integrale

Mi chiamo Nawar e sono nata in un piccolo paese della Siria. Sono in Italia dal 2006 prima che scoppiasse la guerra, sono mamma di due figli, di 15 di 11 anni. Ho iniziato a interessarmi alla pasticceria ancora in Siria. Mio padre era un dentista e voleva che noi figli facessimo l’università così ho iniziato a studiare Sociologia Ho frequentato fino al IV anno, poi però è scoppiata la guerra ed è diventato difficile tornare in Siria, prima tornavo 3 o 4 volte all’anno. Avevo un sogno, mi piaceva la pasticceria. Fin da piccola avevo voglia di provare, non dimenticherò mai quando ho fatto il mio primo dolce, e da quel momento mi sono innamorata di questo lavoro. Arrivata in Italia avevo ancora questo sogno, dopo aver avuto i miei figli volevo lavorare e fare qualcosa che mi desse anche un senso di appagamento a livello professionale. Tutti mi chiedevano però un diploma di pasticcera e quello io non l’avevo, una mia amica la direttrice della scuola professionale di Bressanone, ma quella scuola era in tedesco e io non sapevo il tedesco. Ho imparato il tedesco pur di frequentare quella scuola e sono riuscita ad iscrivermi. Avevo 28 anni e avevo 2 figli piccoli, 10 anni in più degli altri studenti. Studiare è stata molto dura ma alla fine ce l’ho fatta, dopo 3 anni, nel 2018 sono diventata pasticcera e con ottimi voti, i miei insegnati erano orgogliosi e anch’io ero orgogliosa di me. Io realizzo dolci europei ma anche del mio paese, al lavoro faccio la pasticceria classica, italiana e tedesca, con delle mie specialità, come ad esempio una torta che è di mia invenzione con lamponi e mango. Per me la pasticceria è un’arte, anche la confezione e la vista del dolce hanno un’importanza particolare, questo è anche un’attenzione che viene dalla mia cultura di provenienza. Sono molto contenta di quello che ho realizzato e di essere riuscita a perseguire il mio sogno nonostante le difficoltà. La situazione in Siria in quegli anni è molto peggiorata, la mia famiglia è dovuta scappare dalla guerra ed è andata in Svezia. Sono contenta che oggi sono una mamma e però anche una pasticcera, che ho il mio lavoro. Sono felice di quello che sono e di aver realizzato il mio sogno.

Piera Valentina di Maio

Venezuela > Bolzano

Mediatrice, artigiana

Intervista integrale

Mi chiamo Piera e vengo dal Venezuela, sono in Italia da quattro anni ormai. In Venezuela frequentavo l’università, ho fatto i primi due anni di una laurea triennale tecnologica di pubblicità e marketing, poi la situazione politica non era semplice e vivere in Venezuela è diventato molto complicato. Ho deciso di venire in Italia perché qui sono le origini della mia famiglia, i miei antenati sono di Marina di Camerota vicino a Salerno. All’inizio in Italia sono venuta da sola con mia figlia e il compagno, poi mi ha raggiunto mia madre. A me è sempre piaciuto fare qualcosa di artistico, ma è da poco tempo che faccio questi mandala e queste scatole, ho iniziato così per rilassarmi e poi ho visto che riuscivo ad ottenere dei risultati che mi piacevano e mi faceva stare bene, mi aiuta a far viaggiare la mente.Ho iniziato insieme a mia zia, lei faceva altre cose e così ho iniziato a disegnare su una scatola, poi ho fatto un paio di quadri uno di Pink Floyd, il di The dark side of the Moon, poi ho fatto mandala bellissimo che ho regalato e dopodiché è nato questa passione che a dir la verità vorrei sviluppare. La mia famiglia, non solo mia zia, hanno sempre avuto la passione per dei lavori artistici, mia mamma, due mie zie, mia nonna, tutte quattro sanno fare delle cose artistiche con le mani sono molto brave. Quando sono arrivata in Italia ero spaesata, ho dovuto ricrearmi, dal punto di vista personale e lavorativo, questa passione mi ha aiutata in questo e mi sta aiutando anche ora. Questo mi ha anche dato la spinta per conoscere questa parte di me che magari ho sempre avuta ma che tenevo nascosta, che non era venuta fuori. In futuro vorrei svilupparmi come persona, noi vogliamo tante cose come esseri umani però la mia priorità è il benessere e stare bene con me stessa, piano piano sto riuscendo a farlo. A questo punto della mia vita quello che io voglio per il futuro è stare bene con me stessa cioè e sviluppare un’attività che mi permetta di esprimere quello che sono e vorrei che questo mio esprimere possa essere utile anche come ispirazione o come e impulso per altre persone. Si possono fare delle cose stupende, non solo su un quadro ma anche su altre superfici, anche creare qualche oggetto o qualcosa artigianale, forse vorrei sviluppare questo nel mentre ho dei lavori che faccio e mi concedo del tempo per sviluppare tutto questo in maniera postiva per me perché forse in futuro anche se faccio altri lavori posso fare questo lavoro creativo come un lavoro. Chissà che in un futuro più lontano l’arte non mi permetta anche di vivere, oltre che di stare bene, che è già molto.

Zineb Rigui

Marocco > Bolzano

Consulente, mediatrice

Intervista integrale

Mi chiamo Zineb, sono nata in Marocco. Sono in Italia nel 2000, prima vicino a Sassuolo, avevo 10 anni quando sono arrivata. Era un piccolo paesino sull’Appennino molto chiuso e quello che mi ha colpita è stata questa chiusura, non erano abituati a vedere persone extracomunitarie, non è stato facile l’inserimento in quel contesto. Non avevo ancora imparato la lingua e la cultura italiana, inoltre questo era un piccolo paese legato alle tradizioni. Piano piano sono riuscita ad integrarmi, ero piccolina quindi tante cose non le capivo e comunque dovevo crescere con queste tradizioni, dopo un po’ mi sono trovata comunque a mio agio e ho cercato di inserirmi. A me piace cucinare, sia i piatti italiani che quelli della tradizione marocchina, questa è forse l’abilità che mi riconosco maggiormente. Mi piace cucinare in particolare il piatto tipico del Marocco: il cous cous. In Marocco il cous cous lo facciamo con carne di manzo o agnello oppure con il pollo. Oltre ai piatti del Marocco ci sono anche dei piatti italiani che mi piace molto fare, come le lasagne, ad esempio. Quello che mi manca di più del Marocco sono le tradizioni, le festività religiose, come si festeggia lì e il clima della festa. Io sono una persona credente, lì quando si festeggia è molto diverso, è più sentita la festa, è un rito collettivo. Io sono una persona credente e ci sono alcune cose che non riesco a vivere qui in Italia e che purtroppo mancano, quindi mi mancano quelle festività religiose on la famiglia e con le persone del vicinato, cioè non proprio i dettagli della festa religiosa ma il contesto, l’insieme, l’atmosfera. Mi piacerebbe se potessi migliorare l’integrazione, portare la mia esperienza, cosa che in parte faccio dove lavoro, perché le difficoltà che ho vissuto possano essere utili ad altre persone. Purtroppo ci sono molte persone che sono rimaste indietro, ad esempio ti giudicano perché metti il velo, che per la nostra tradizione è una cosa normalissima e una scelta, il velo non vuol dire sottomissione non vuol dire stupidità, purtroppo ancora adesso molte persone qui pensano questo di una donna che porta il velo. lo porto il velo per identificarmi perché per me il velo essendo una donna musulmana è quello che mi identifica. Oggi mi sento bene in Italia. La cosa che mi piace di più, a parte il fatto che io mi trovo proprio cioè io mi trovo io faccio parte dell’Italia, per me l’Italia è il mio paese, perché io sono cresciuta qui quindi non riesco a staccarmi dall’Italia. Dell’Italia mi piace l’Italia. Nel 2009 sono venuta a Bolzano e mi sono sposata, ora sono madre di quattro figlie/i.

Akif Kishiyev

Azerbaigian > Brennero

Orologiaio

Sono Akif e vengo dall’Azerbaigian. Sono nato e cresciuto a Sumqayit, una città sul mar Caspio. Nel 2010 mi sono trasferito con la mia famiglia in Germania e poi due anni e mezzo fa siamo venuti in Italia. Fino a fine 2019 siamo stati a Bolzano, ora viviamo a Brennero dove lavoro come manutentore e custode. Da quando sono qui ho fatto un corso da operatore del verde e uno da mediatore culturale. Nel tempo libero, come hobby, faccio l’attore. In realtà la mia professione è l’orologiaio. Ho iniziato a lavorare con le mani durante il servizio militare, quando studiavo elettrotecnica. Poi a 20 anni sono tornato nella mia città e ho fatto un tirocinio come parrucchiere. Però si stava troppo in piedi. Nel frattempo mio fratello gemello aveva iniziato a fare l’orologiaio, guardandolo ho pensato: ecco il lavoro per me, un lavoro dove si sta sempre seduti. Così ho aperto pure io un piccolo negozio, imparando un po’ da lui e un po’ da solo. Facevo riparazioni di orologi e anche di accendini, non di quelli usa e getta però. Posso dire di avere imparato con molta pazienza. Senza la pazienza non puoi fare l’orologiaio. Mi piacerebbe continuare a fare l’orologiaio, per questo sto cercando un negozio dove lavorare o uno da affittare, ma è molto difficile in questa epoca dove le cose rotte si buttano e se ne acquistano di nuove.

Aziz Sene

Senegal > Laives

Sarto

Mi chiamo Aziz e sono senegalese. Vivo a Laives dal 2016 dove ho raggiunto mio zio e mio fratello che già erano qui da anni. Sono operaio turnista alla Röchlin Automotive, ma a Dakar, dove sono nato e cresciuto, mi sono diplomato in sartoria. Ho iniziato la scuola professionale Jilcs quando avevo 13 anni su decisione di mia madre, che voleva imparassi un mestiere manuale. Devo dire che è stata una buona scelta la sua, perché ci ho messo poco ad amare quello che stavo imparando. Oltre le lezioni pratiche c’erano anche quelle teoriche, ho imparato la storia della moda, ho iniziato a seguire le maison europee senza dimenticare gli stilisti africani e del mio paese. Tra questi mi piacciono: Ibou Gueye, Djili, Oumou Sow. Qui a Bolzano purtroppo ho poco tempo per cucire e mi manca anche una macchina adatta. Spero in futuro di riprendere la pratica della sartoria anche perché, per ironia della sorte, una delle mie stoffe ‘senegalesi’ preferite, il bazin, lo producono in Austria e mio zio spesso lo va a comprare a Lustenau e lo spedisce in Africa.

Devorah Rojas

Venezuela > Bolzano

Sarta

Sono di Caracas e vivo in Italia da due anni. Dal 1996 al 2018 ho avuto, in Venezuela, un laboratorio di sartoria e di lavorazione del cuoio, si chiamava Devorah Vitton. Disegnavo e realizzavo borse, scarpe, cinture, ma anche altri capi di abbigliamento su commissione: grembiuli, abiti da lavoro, vestiti. Lavoro in una ditta di pulizie, ma continuo, nel tempo libero, a cucire usando soprattutto scampoli di recupero o altri tessuti che riutilizzo creativamente, una volta per esempio ho usato la retina delle confezioni di arance come inserto per alcune borse. Le ultime cose che ho fatto sono delle bustine porta tabacco su commissione, ovviamente ho cucito anche tante mascherine.

Elvis Kakiti

Kenia > Bolzano

Musicista

Sono nato a Nairobi e fin da piccolo mi piacevano le acrobazie e la musica. Così entrambe sono diventate il mio lavoro. Ho fatto parte di un collettivo che si chiamava Mighty Black Acrobats, in Kenya eravamo molto conosciuti. Ho fatto anche parte degli artisti del circo sociale Sarakasi e grazie alla loro fondazione sono venuto in Italia tre anni fa esibendomi con il famoso Circo Togni e in alcuni parchi tematici come il Caribe a Jesolo. Vivo a Bolzano da due anni, dove da poco è nata mia figlia. In Italia sono un artista di strada riconosciuto dall’apposito patentino. Prima del Covid insegnavo danza africana e percussioni ad adulti e bambini. Ora la situazione è molto complicata per me, ma spero arriveranno tempi migliori. Mentre aspetto che arrivino, intreccio bracciali e collane fatte di perline colorate, una forma tipica dell’artigianato keniano che ho imparato da piccolo. Inoltre mi trovate spesso in giro per Bolzano mentre mi esibisco in acrobazie e giocoleria.

Kamrun Nahar

Bangladesh > Bolzano

Cuoca, sarta

Sono Kamrun e vengo dal Bangladesh. Sono nata e cresciuta a Dacca, la capitale, ma per l’università mi sono trasferita per quattro anni a Rajshahi, una città al nord del paese. Poi sono tornata a Dacca e ho sposato mio marito, abbiamo vissuto lì fino al 2008 quando ci siamo trasferiti in Italia. Viviamo a Bolzano da allora e abbiamo un figlio che è all’ultimo anno di liceo. Mi piace cucinare e cucire. Ho imparato entrambe le cose quando ero bambina dalle donne della mia famiglia, mia mamma e mia nonna. Poi le ho messe in pratica quando sono andata a studiare fuori casa e vivevo con mia sorella. Eravamo noi a cucinare e spesso anche a cucire i nostri abiti. In Italia continuo a fare entrambe le cose. Non è facile a Bolzano trovare gli abiti della mia cultura e anche gli ingredienti per i nostri piatti tipici. Così creo gli abiti e cucino le ricette che più mi piacciono secondo la moda e la tradizione bengalese. Visto che è difficile trovare le materie prime compro la stoffa ancora da lavorare e, con altre donne, coltivo, qui a Bolzano, un orto con verdure tipiche del Bangladesh. Così, attraverso la pratica, mantengo forte la memoria del mio paese di origine e spero di farla conoscere agli italiani.

Ramona Rosario

Rep. Dominicana > Bolzano

Ballerina, Decoratrice

Sono Ramona e sono della Repubblica Dominicana, vivo a Bolzano da 11 anni. Nel mio paese di origine mi sono laureata in quella che in Italia si chiama Scienze della formazione primaria. Facevo la maestra d’asilo, però anche tante altre cose: l’insegnante di danza, la wedding planner, la decoratrice e, a volte, anche l’animatrice nei villaggi turistici. Sono sempre stata una persona piena di energia! Qui lavoro nell’assistenza agli anziani. Prima della pandemia usavo spesso le mie abilità di ‘decoradora’ e organizzatrice di eventi per creare le decorazioni e l’animazione per feste di compleanno, di matrimonio, per i baby shower e altre occasioni. Sempre prima del Covid tenevo anche lezioni di ballo, salsa, bachata, merengue, negli spazi di via Maso della Pieve dell’associazione Vispa Teresa. Spero di riprendere quando questo periodo sarà passato, organizzare feste e insegnare balli di coppia durante il distanziamento fisico non è il massimo!

Tatiana Shekhanova

Russia > Bolzano

Pittrice

Sono nata a San Pietroburgo dove ho studiato Ingegneria ed Economia. Poi ho vissuto a Odessa e dal 2015 sono a Bolzano con mio marito e i miei due figli. Ho molte passioni che ho portato avanti in ogni città nella quale ho vissuto: a Odessa ho studiato pittura, a Trento mi sono laureata in Lingue e Letterature moderne. In tempi non di pandemia tengo lezioni private di russo. Nel tempo libero mi piace disegnare, dipingere e realizzare piccole figure in carta.

Zandra Moreta

Rep. Dominicana > Bolzano

Decoratrice

Anche io come Ramona sono dominicana. Vivo in Italia da molto tempo, per molti anni ho fatto la parrucchiera, soprattutto nelle Marche e in Abruzzo. A Bolzano sono arrivata nel 2016, fin da subito ho frequentato le attività laboratoriali di Volontarius dove ho imparato il cucito, la bigiotteria, la lavorazione di paste malleabili. A mia volta poi, ho insegnato queste tecniche ai ragazzi e alle ragazze che frequentavano l’associazione. Durante la pandemia ho lavato per una ditta di pulizie, una tipologia di imprese tra le poche a non avere problemi in un tempo in cui “sanificare” è un dovere imposto per legge. Nel tempo libero modello statuine in pasta di sale colorata, creo piccoli gioielli usando l’alluminio delle cialde di caffè vuote, cucio abiti, mascherine, grembiuli. Insomma, mi tengo occupata! Da qualche mese sono tornata a vivere in Abruzzo.

Hana Nassiri

Marocco > Bolzano

Imprenditrice

Intervista integrale

Mi chiamo Hana, ho 29 anni e sono nata in Marocco, sono mamma di tre figli. Sono in Italia dal 2005, sto facendo le superiori serali al Claudia De Medici. Alcuni anni fa avevo cominciato un’attività, a me piacciono molto le cose tradizionali del mio paese, gli abiti e il cibo. Ho sempre avuto il sogno di portare le cose del mio paese qui e di mischiarle con quelle italiane. Purtroppo non avevo le informazioni né capacità economiche per aprire un negozio, non è neppure semplice vendere qui in Italia. Dopo questa esperienza ho pensato di concentrami sul settore della cucina, perché sono brava in questo. Il mio sogno non è piccolo, si sogna in grande. L’idea vincente può essere quella di fare impresa sul cibo, è più facile andare a mangiare qualcosa di marocchino che prendere un vestito che magari costa centinaia di euro. L’idea è quella di fare un luogo dove si possano mischiare i vari cibi, quello italiano e quello marocchino. Anch’io come mia sorella ho imparato da me, entrambe siamo state le maestre di noi stesse.

Jimmy Lin

Cina > Bolzano

Massaggiatore

Intervista integrale

Mi chiamo Jimmy, sono nato in Cina e sono arrivata in Italia da più di 20 anni. Sono sposato e ho quattro figli. Quando sono arrivato ho iniziato a lavorare in ristorante, adesso faccio il lavoro che mi piace e per cui ho studiato: il massaggiatore. Io pratico il vero massaggio Tuina, quello della tradizione cinese. Ho imparato a fare massaggi fin da piccolo, quando seguivo mia nonna, che era un medico che usava le cure tradizionali. Qui in Italia ho aperto il mio centro massaggi, prima era in un’altra zona e poi mi sono spostato qui. Ho trasmesso anche ai miei figli e figlie questa passione per il massaggio Tuina. Ci sono alcuni strumenti che mi rappresentano, ad esempio questo corno di pecora, serve per passare sulla pelle delle mani e in alcuni punti precisi, e un “gatto” di plastica che serve invece per la spina dorsale. Questi strumenti li uso molto anche se nel mio lavoro si usano le mani e il gomito, prevalentemente. Con il massaggio Tuina si riequilibra il corpo, questo mi piace molto ed è la cosa bella di questo lavoro.

Mamadou Diallo

Guinea > Bolzano

Meccanico di bici

Intervista integrale

Mi chiamo Mamadou, sono nato in Guinea Conakry, vivo qui con la mia compagna e mia figlia. Nel mio paese ero meccanico di auto: sono cresciuto nell’officina di mio padre. Mi piaceva molto lavorare sulle macchine, perché ci sono cose complesse che sono stimolanti come lavorare sui cambi e i motori. Quando mio padre è deceduto ho deciso di partire. Qui volevo fare il meccanico, ho fatto alcuni corsi serali alle professionali. Ho poi iniziato uno stage per meccanico di bici e dopo un altro stage mi hanno proposto un contratto. Volendo studiare, ho fatto 4 anni di apprendistato. Poi, dopo alcuni problemi, ho deciso di aprire una mia attività. Ho preso la decisione di aprire il negozio in tre settimane. Se penso a un pezzo che può rappresentarmi prenderei un deragliatore, il cambio, che è uno dei pezzi più complessi della bici. Ora sono felice come sono, se mi ricordo da dove sono partito, cosa ho passato e dove sono oggi è come un sogno, è un sogno che si è realizzato.

Manolo Torres Alfaro

Perù > Bolzano

Scrittore

Intervista integrale

Mi chiamo Manuel Torres Alfaro ma per tutti sono Manolo, ho 65 anni e sono in Italia da oltre 20. Sono nato in Perù, in un paese a 4000 metri sul livello del mare. Sono uscito di casa molto presto. Nel mio paese ho studiato studiato ingegneria metallurgica e poi matematica, ho insegnato per anni matematica. In Italia ho provato diverse strade, ho acquisito un diploma di OSA e ho lavorato in Case di riposo e poi in fabbrica. Come abilità ne ho molte, ma se dovessi dirne una sola sceglierei la scrittura, che pratico fin da giovane, tenevo un diario ancora durante la scuola: la mia storia l’ho raccontata nella mia autobiografia che ho intitolato ‘Il sole rinascerà ancora domani’. Non ho scritto soltanto della mia vita, quanto ho dipinto un affresco sociale del mio paese e dell’accoglienza in Italia. La mia è una storia semplice, ho cercato di trasformare la matematica in letteratura. In particolare per me è un proseguimento dell’insegnamento, io credo di avere l’insegnamento nel sangue, questa è la mia vocazione.

Nadia Nassiri

Marocco > Bolzano

Pasticcera

Intervista integrale

Mi chiamo Nadia, sono arrivata in Italia a 18 anni con la mia famiglia. Ho tre bambini, al momento non lavoro, faccio la mamma. A me piace cucinare, i dolci soprattutto. il mio sogno è quello di fare la cake designer. Quando ci sono feste faccio i dolci e dicono che siano molto buoni. Si può dire che ho imparato da me stessa guardando le ricette sui libri e in internet. Ho guardato anche nei social media, così ho visto e imparato e ho anche fatto le mie variazioni, faccio i maccaron, la cheesecake… mi piace fare pasticceria dei vari paesi. Oltre ai sogni ci sono le capacità, voglio strutturare le mie capacità ecco perché è importante anche la base, la scuola, voglio quindi fare un passo alla volta. I sogni devono essere realizzati, non sprecati, vanno fatti passo a passo. Il nostro sogno, anche con le sorelle, sogno sarebbe quello di aprire un catering – fast food marocchino e vogliamo realizzarlo. Il dolce che mi rappresenta maggiormente sono le torte, tutte le torte. Lì c’è qualcosa di mio.

Rachida Taoussi

Marocco > Ora

Ricamatrice

Intervista integrale

Mi chiamo Rachida, vengo dal Marocco. Durante la scuola mi attiravano i vestiti: volevo lavorare e da una signora ho imparato a cucire e ricamare, il ricamo tradizionale. Poi ho iniziato a vendere le cose che facevo, in tal modo mi sono resa indipendente acquistando la mia prima macchina da cucire. Ho poi acquistato altre due macchine così da poter far lavorare altre donne a casa mia, aprendo una piccola scuola. Lavorare mi piaceva molto perché mi rendeva indipendente. Mi sono poi sposata e ho seguito mio marito in Italia. Qui non sono riuscita a lavorare, ho fatto la mamma perdendo l’indipendenza che avevo con il mio lavoro. Quando sono arrivata ad Alkemilla, ho visto questa macchina da cucire Singer, che era in esposizione. Qui al laboratorio sono contenta perché è cambiata la mia routine. Riprendere a cucire e ricamare mi ha resa di nuovo più sicura. Il lavoro mi ha fatto capire che avevo un valore, non è stato semplice qui in Italia perché tutto quello che aveva valore nel mio paese qui sembrava non averlo.

Salma Ahmed

Somalia > Bolzano

Cuoca

Intervista integrale

Mi chiamo Salma sono nata in Somalia. Sono arrivata in Italia nel 2016, a Bologna e poi a Bolzano. Sono andata via dal mio paese nel 2015, avevo 14 anni. Il mio sogno è quello della cucina che rappresenta molte cose: ho appreso a cucinare per sfogo, per trovare il sorriso e per lasciare qualcosa alle persone intorno a me. Quando cucino riesce la magia di far sì che le persone si ricordino di me. La cucina mi piace, è un mezzo per avvicinarmi agli altri e condividere. Ho imparato a cucinare guardando mia sorella, mia madre e mia nonna. Ci sono sapori che mi ricollegano alla mia terra, ad esempio nel the noi mettiamo latte e cannella. Ho capito che nella vita puoi fare quello che ti piace o che conviene, la cucina è la mia passione anche se mi conviene fare la cameriera. Nella vita quello che mi connota è la cucina perché per me rappresenta la vita, mangiare rappresenta il calore della vita, ad esempio quando hai una giornata pesante e poi mangi, cambia la giornata. Ci sono altre cose che mi piacciono, ad esempio a me piace scrivere. Vorrei essere ricordata.

Yansu Wang

Cina > Bolzano

Illustratrice

Intervista integrale

Mi chiamo Yansu, ho 30 anni. Sono arrivata dalla Cina in Italia nel 2015 per frequentare il Master in Eco-Social Design. Ho fatto architettura a Pechino, dove ho abitato per 5 anni. Qui in Italia oltre che a Bolzano ho anche abitato a Venezia. Come capacità manuali quella più spiccata è quella del disegno, ho sempre disegnato. Sono venuta in Italia anche perché volevo vedere da sola con la mia capacità fin dove arrivavo e mi interessava questo Master a Bolzano. Oggi lavoro nel mondo del design. Per me stessa ho anche fatto un quaderno - libro che mette assieme la mia lingua e il mio paese di nascita con quello di arrivo: l’Italia. La mia identità culturale è importante tanto che ho fatto una tesi sui migranti cinesi a Bolzano. Ho creato un piccolo pesce, non ha un nome, ho avuto l’idea dal salmone che vive nell’acqua salata ma poi torna a casa per deporre le uova, è un un simbolo di qualcosa che tiene. Ho fatto anche un vlog, Laa_Suee, un diario fatto a forma di video, dove spiego ai cinesi Venezia e anche l’Alto Adige.

Oulimata Ndoye

Senegal > Bolzano

Estetista

Intervista integrale

Mi chiamo Oulimata sono nata in Senegal, 40 anni fa. Sono arrivata in Italia nel 2007. Ho vissuto anche a Parigi per tre anni. Sono mamma di 3 figli. In questo momento faccio un lavoro d’ufficio, il mio sogno però sarebbe quello di lavorare in un salone di bellezza: da sempre sono attratta da tutto ciò che è legato alla bellezza e all’estetica. L’amore per la bellezza e tutto quello che ne è legato l’ho appreso in Africa dove fin da bambine si impara subito ad acconciare i capelli. Queste abilità io le ho sempre utilizzate. Oggi per imparare nuove cose guardo i tutorial su youtube, prima si imparava solo attraverso altre persone, io ad esempio ho imparato molto da una mia zia. Nella mia vita ho fatto diversi percorsi, ho aperto anche un ristorante in Senegal insieme a mio marito, ora mi occupo di buste paga e contabilità, però come sogno so che se un giorno smetterò di fare questo lavoro mi piacerebbe aprire questo salone. Un oggetto che mi rappresenta è il pennello del fondotinta, è un oggetto da cui sono inseparabile.

Chi siamo

Handy Hands è un progetto ideato da Claudia Polizzi e Stefano Riba, che ne seguono l’organizzazione e la comunicazione visiva, con il sostegno dell’Ufficio Bilinguismo e Lingue Straniere della Ripartizione Cultura Italiana - Provincia Autonoma di Bolzano. Dal 2021 è realizzato da Voltaire – European Education Centre arricchendosi della collaborazione dell’esperto in scrittura autobiografica Alessandro Pedrotti, del lavoro dei fotografi e videomaker Giulia Faccin e Andreas Trenker e di Coop19 per la parte di comunicazione e social.

COSA FACCIAMO

Handy Hands raccoglie e presenta le storie di un gruppo di persone, in aumento edizione dopo edizione, accomunate dall’avere un background migratorio e spiccate capacità manuali. Dal 2018 vengono organizzati annualmente una serie di incontri che inizialmente hanno riflettuto sulla tematica del gesto come mezzo sia di comunicazione universale che di espressione individuale. Il percorso ha poi esteso il concetto di “mani che parlano” a “mani che fanno” indagando quindi l’arte, la musica, la cucina e molte altre abilità artigianali. I racconti, le immagini e i video pubblicati su questo sito web sono il risultato degli appuntamenti tenutisi negli ultimi due anni. Nei prossimi mesi si terranno nuovi incontri e il sito si arricchirà di nuove storie e capacità.

qual è lo scopo

Il racconto autobiografico è un importante strumento di arricchimento, di valorizzazione e di cura del proprio sè, oltre che un fondamentale momento di apprendimento linguistico e di relazione sociale. Il valore degli incontri di Handy Hands è tale che essi saranno prossimamente inseriti tra i servizi che il Centro di mediazione al lavoro (CML), sezione dell’ufficio Servizio Mercato del lavoro della Provincia Autonoma di Bolzano, potrà proporre alle persone in cerca di lavoro come strumento di empowerment e di formazione professionale. Inoltre, le competenze manuali delle persone con background migratorio spesso non sono, con dispiacere di chi le possiede, applicate nelle occupazioni attuali. Rimangono, quindi, nascoste, latenti. L’obiettivo è riscoprire e raccontare le capacità ‘invisibili’ dei/delle partecipanti a Handy Hands. Siamo convinti che la raccolta, il racconto e la diffusione di queste pratiche siano importanti, non solo per valorizzare le persone che le posseggono, ma anche per l’integrazione e la creazione di una società più inclusiva e curiosa. Questo è ciò che dice la Convenzione dell’UNESCO che, nel 2003, ha delineato le linee guida per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Link) che è stato messo a tutela perché, tra le tante cose, “è fondamentale al mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione, al sostegno al dialogo interculturale e all’incoraggiamento al rispetto reciproco dei diversi modi di vivere”. Per cultura immateriale intendiamo le conoscenze, le tradizioni, il folclore, i costumi, le credenze e le lingue sono parte integrante del patrimonio culturale di un luogo. Qualche esempio? La pizza napoletana, i muretti a secco, il teatro dei burattini siciliani, le parate Kwagh-Hir nigeriane, il rituale filippino di accoglienza Buklog, la musica reggae giamaicana o quella Gnawa marocchina, il teatro delle ombre siriano, e poi le varie forme di panificazione, di tessitura, di agricoltura non intensiva, di danza, di musica, di artigianato. Qui trovate la lista completa di tutti i beni culturali immateriali del mondo: Lista Unesco. Handy Hands vuole quindi riscoprire e raccontare le competenze dei/delle partecipanti agli incontri di Handy Hands per stimolare la curiosità e quindi la creazione di una società più inclusiva e aperta ad ascoltare storie, assaggiare sapori, confrontarsi con tradizioni, culture, abiti e ritmi diversi. Inoltre, vogliamo valorizzare le conoscenze manuali di queste persone nella speranza che esse vengano apprezzate e magari applicate rendendole non solo abilità nascoste, ma magari un lavoro vero.

handy hands

Handy Hands nasce nel 2018 come serie di incontri di socializzazione e apprendimento linguistico realizzati in collaborazione con l’Associazione Donne Nissà e grazie al sostegno dell’Ufficio Bilinguismo e Lingue Straniere della Ripartizione Cultura italiana – Provincia autonoma di Bolzano. Il primo ciclo di appuntamenti è durato quattro mesi e ha coinvolto sei persone originarie di Bolzano e provincia, sei persone con background migratorio e una mediatrice. Gli incontri si sono tenuti in una casa privata, un luogo protetto e familiare, e sono stati segnati da un forte interesse personale a raccontarsi. Successivamente, nel 2019 e 2020, Handy Hands sì è avvalso del sostegno dei fondi europei FAMI (Fondo Asilo, Migrazione ed Integrazione). Dal 2021 il progetto è realizzato da Voltaire – European Education Centre. Il risultato del primo ciclo di incontri è stato il video e la campagna di sensibilizzazione che potete vedere qui oltre. Dal 2021 abbiamo scelto di puntare sul racconto per parole e immagini (fisse e in movimento) delle storie di vita e di abilità manuali di persone con background migratorio.

il video

Musica: Thomas Brinkmann, Klick, 0001.

Giornata internazionale dei migranti

L’output finale del progetto del 2018 è un video sperimentale nel quale la luce radente del video realizzato elimina quasi del tutto il colore della pelle proprio a sottolineare l’universalità dei gesti e mettere sullo stesso piano migranti e autoctoni. Proprio perché sono le mani a ‘parlare’, non sono state inserite didascalie che spieghino i gesti presentati la cui lettura è, quindi, lasciata alla libera interpretazione dello spettatore. Il video è stato presentato in anteprima il 9 maggio 2019 nella Sala delle sedute del Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano durante la Festa dell’Europa. Le riprese e il montaggio sono di Martin Rattini.

Giornata internazionale dei migranti 2019

Una versione aggiornata del video è stata realizzata per la campagna provinciale di sensibilizzazione della Giornata Internazionale dei Migranti (18 dicembre 2019) ed è stata presentata sugli schermi dei treni e dei bus provinciali, nelle varie sedi della Provincia autonoma di Bolzano, in alcuni musei (Museion, TreviLab, Museo Civico, Museo Archeologico, Museo Scienze Naturali), all'Ospedale San Maurizio di Bolzano, al Filmclub prima degli spettacoli e in tre scuole del capoluogo.

Il nome

Fin dal suo nome Handy Hands gioca con una ‘polifonia’ di significati. In inglese significa ‘mani pratiche’, abili nel fare qualcosa. Ma può anche significare ‘mani a portata di mano’, vicine nel caso servisse un aiuto. Se guardiamo al titolo da una prospettiva germanofona, è palese il riferimento del termine das Handy (il cellulare) con la parola hand, mano, il telefonino come prolungamento della mano. Non è però questa ibridazione tra tecnologia e uomo a interessarci, quanto piuttosto, al contrario, il fatto che le mani sono state i primi strumenti di comunicazione e lavoro. Le mani di Handy Hands raccontano quindi storie, azioni quotidiane, movimenti volontari o tic involontari, attività di svago o di lavoro.

Se vuoi entrare a far parte del progetto scrivi una mail o contatta l’amministratore negli orari indicati sotto. Atui publintilis vid aut vercesilius. Quitesticaed aut ret; non te et pra mor hostesil unum, et grae ad cas hore tam horusqua re, quemo norunum publieniri faus oporterrae audellessimo hoste nox nique nore iam in supio, constidit, quit facies er iam Romner alis bon senatum serdit.

info@handyhands.com

Contatti

Se siete interessate/i a partecipare alla prossima edizione di Handy Hands potete inviare la vostra candidatura scrivendo a: info@handyhands.it

disclaimer

Atui publintilis vid aut vercesilius. Quitesticaed aut ret; non te et pra mor hostesil unum, et grae ad cas hore tam horusqua re, quemo norunum publieniri faus oporterrae audellessimo hoste nox nique nore iam in supio, constidit, quit facies er iam Romner alis bon senatum serdit.

sostenitori

Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione 2014-2020 - Obiettivo Specifico 2. Integrazione / Migrazione legale - Obiettivo nazionale ON 2 - Integrazione - lett. h) Formazione civico linguistica - Piani regionali formazione linguistica 2018-2021. - PROG-2494 “Apprendimento civico-linguistico e esperienze socio-territoriali per un reale percorso inclusivo”.

Ideazione e coordinamento

Claudia Polizzi e Stefano Riba

Interviste e conduzione incontri

Alessandro Pedrotti

Realizzazione e amministrazione

Voltaire - European Education Center

Con il sostegno di

Ufficio bilinguismo e lingue straniere - Ripartizione cultura italiana - Provincia Autonoma di Bolzano

DESIGN

Claudia Polizzi – Graphic Design Studio

Video e fotografia

Giulia Faccin, Andreas Trenker

PROGRAMMAZIONE sito web

Luca Bessi, Ilaria Roglieri

SI RINGRAZIANO

I/le partecipanti, Iza Bela Cosac, Elena Barontini, Associazione Alkemilla, Orologiaio Faustinelli Gioacchino, Sartoria Argjenda Marku.

Aisha Pervez

Pakistan > Bolzano

Mediatrice interculturale

Lisbeth Mosquera

Colombia > Bolzano

Sarta

Nawar Hamed

Siria > Bolzano

Pasticcera

Cecilia Bautista

Città del Messico > Bolzano

Studentessa, artista, designer

Piera Valentina di Maio

Venezuela > Bolzano

Mediatrice, artigiana

Zineb Rigui

Marocco > Bolzano

Consulente, mediatrice

Hana Nassiri

Marocco > Bolzano

Imprenditrice

Jimmy Lin

Cina > Bolzano

Massaggiatore

Mamadou Diallo

Guinea > Bolzano

Meccanico di bici

Manolo Torres Alfano

Perù > Bolzano

Scrittore

Nadia Nassiri

Marocco > Bolzano

Pasticcera

Rachida Taoussi

Marocco > Ora

Ricamatrice

Salma Ahmed

Somalia > Bolzano

Cuoca

Yansu Wang

Cina > Bolzano

Illustratrice

akif kishiyev

Azerbaigian > Brennero

Orologiaio

aziz sene

Senegal > Laives

Sarto

devorah rojas

Venezuela > Bolzano

Sarta

elvis kakiti

Kenia > Bolzano

Musicista

Kamrun Nahar

Bangladesh > Bolzano

Cuoca, sarta

ramona rosario

Rep. Dominicana > Bolzano

Ballerina, decoratrice

tatiana shekhanova

Russia > Bolzano

Pittrice

zandra moreta

Rep. Dominicana > Bolzano

Decoratrice

Persone, storie e abilità manuali di altri paesi e culture.

abilità

provenienza

residenza

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